La Spesa ai tempi di Covid- Shopping in the time of Corona
So I’ve finished the fruit and protein and I need to get my drugs from the chemist. I dress myself and go out on my moped because I’ve got to get to the other side of city. The city resembles a horror movie film set: everything closed, only a few passers by, most with dogs, all with the regulation mask. The grey sky isn’t helping: I’m feeling blue.
At the supermarket there is a queue of a dozen people. We don’t wait long and no one complains. Maybe because it’s not easy to complain with a mask on.
I enter and I, who am not a worrier at all, also wear gloves - you never know. I take a shopping trolley and lean my hands on it. The mask begins to annoy me so I lower it, touching the mask with the glove with which I had touched the shopping cart - who knows who had touched that before.
On the counter there’s a dispenser of hand sanitiser. I spill some of it on my glove and it’s not gel like I expected but liquid. I practically shower myself with disinfectant. I note the disapproval of the shop assistant for wasting such a precious product and I feel ashamed. I put my mask back on and almost suffocate from the alcoholic fumes, which my coat sleeve is also drenched in. I start to laugh. But while I’m laughing a sudden cough escapes that echoes loudly across the silent supermarket. I put my hand in my pocket to check I still have the printed permission incase someone stops me to ask why I left the house with a cough.
I head to the fruit and vegetable section. With the wet gloves the biodegradable bag sticks to my fingers and I can’t open it. Normally I would wet my finger with saliva, but today it doesn’t seem like a good idea, so I lower the mask again and blow on the bag discreetly - trying not to get noticed. Meanwhile an elderly lady has taken my shopping cart. I signal to her as I’m putting the mask back on and she doesn’t understand. She moves closer and closer and I move away, telling her from behind the mask “Signora, that is my shopping cart!” But she still doesn’t understand so I take off my mask and realise that the lady is now less than a metre away. I don’t have a mask and neither does she. I spot that she doesn’t even have gloves.
I skilfully grab my cart and whip it out of her hands. Finally she understands, and apologises and I think maybe it’s better if I keep holding the trolley like this, shielding it from the end. Exhausted, I start to head to the checkout. My turn comes and as usual I take my phone from my pocket to open the app with my discount cards. I give it to the checkout assistant who has lowered his mask and is taking a sip from a bottle beside him. He passes my phone over the scanner and gives it back to me, all smiles.
At the same time I also take off my gloves because it’s difficult to fish a credit card out of a purse with gloves on. I take my telephone back but don’t know where to put it because I have put the used gloves there in my pocket.
I am without gloves, without a mask and I can’t take it anymore. The queue stretches outside the supermarket. A woman comes out after me, loaded like a mule: it is clear that on foot she will never make it alone. I want to help her and I approach, but she throws me a stunned and anxious look from behind a kind of diving suit. So I let it go and head home with my helmet but without the mask I usually wear to protect me from pollution. Because the only positive thing about this mess is that the Milan air is finally clean!
Dunque: ho finito la frutta e le proteine. E poi devo andare a ritirare un farmaco in farmacia. Mi vesto e esco, in motorino perché devo andare dall’altra parte della città. Città che sembra un set fotografico di un film dell’orrore: tutto chiuso, solo qualche passante, la maggior parte con cane, tutti regolarmente con mascherina. Il cielo grigio non aiuta: ho il magone.
Al supermercato c’è la coda, una dozzina di persone, ma non si aspetta molto e nessuno si lamenta. Forse perché con la mascherina non è facile.
Entro, e io che non sono per niente ansiosa, indosso anche i guanti, non si sa mai. Prendo un carrello, e ci appoggio le mani. Poi la mascherina comincia a darmi fastidio, dunque me l’abbasso, toccandola col guanto con cui avevo toccato il carrello che chissà chi lo aveva toccato prima. Vedo sul banco un dispenser di gel antisettico e me ne verso un po' sul guanto, ma non è gel, è liquido e praticamente mi faccio una doccia disinfettante: noto la disapprovazione della commessa per lo spreco di un prodotto cos’ prezioso e me ne vergogno. Allora mi rimetto la mascherina e per poco non soffoco per l’esalazione dell’alcool che mi infradicia anche la manica del cappotto. Mi viene da ridere, ma ridendo mi scappa un colpo di tosse che, nel silenzio del supermercato, rieccheggia sonoro. Mi metto la mano in tasca e controllo di avere ancora il permesso che ho stampato nel caso mi fermassero chiedendomi perché sono uscita di casa, visto che tossisco. Mi dirigo al reparto ortofrutta, ma con i guanti umidi il sacchetto biodegradabile e compostabile si appiccica alle dita e non riesco ad aprirlo; normalmente inumidisco il dito con la saliva, ma oggi non mi sembra proprio il caso: così mi riabbasso la mascherina e soffio cercando di non farmi notare. Nel frattempo una signora anziana si è impossessata del mio carrello: le faccio cenno, ma mi sono rimessa la mascherina, lei non capisce e si avvicina, si avvicina e io mi allontano, le dico, da dietro la mascherina “Signora, quello è il mio carrello!”, ma lei continua a non capire allora mi tolgo la mascherina e mi rendo conto che ormai la signora è a meno di un metro, io non ho la mascherina e lei neppure. Osservo che non ha i guanti.
Con destrezza afferro il mio carrello e praticamente glielo levo dalle mani: finalmente capisce, lei si scusa e io penso che forse è meglio se tengo il carrello così, dal fondo e mi avvio esausta alla cassa. Arriva il mio turno e, come faccio normalmente, prendo il cellulare dalla tasca, dove in una App ho tutte le card dei supermercati, e lo porgo alla cassiera, che nel frattempo, si è abbassata la mascherina, ha dato una sorsata alla bottiglietta d’acqua che tiene di fianco, e passa il mio cellulare sul visore orizzontale della cassa, ridandomelo tutta sorridente. Nel frattempo anch’io mi sono tolta i guanti, perché con i guanti è difficile estrarre la carta di credito dal portafoglio, riprendo il telefono e non so più dove metterlo, perché i guanti usati li ho messi in tasca. Sono senza guanti, senza mascherina e non ne posso più. Fuori dal supermercato la fila si è allungata. Una signora esce dopo di me, carica come un mulo: è evidente che a piedi, non ce la farà mai da sola. Vorrei aiutarla e mi avvicino, ma lei mi lancia uno sguardo attonito e preoccupato da dietro una specie di scafandro da palombaro. Così lascio perdere, mi metto il casco e, senza la mascherina che solitamente indosso per difendermi dall’inquinamento, mi dirigo verso casa. Perché l’unica cosa positiva di questa situazione, è che l’aria di Milano è finalmente pulita!